CASA LA VITA

MOSTRA n. 113
ARTISTI: ENRICO BAJ – ERNESTO JANNINI – BEN PATTERSON – SILVANO TESSAROLLO
A CURA DI: VALERIO DEHO’
PERIODO: 22 OTTOBRE – 31 DICEMBRE 2011
Video intervista in galleria al curatore Valerio Dehò

L’arte si avvicina spesso alla letteratura, sono parti dello stesso sogno. Questa mostra è un omaggio ad Andrea de Chirico, cioè ad Alberto Savinio, musicista, artista e scrittore oltre che “fratello” del celebre Giorgio. La sua raccolta di racconti dal titolo “Casa ‘La Vita’ “ pubblicata nel 1943 affronta il tema dei ricordi, della casa come archetipo e si miscela con la scoperta della morte, inizio e fine di tutto. I racconti sono poi arricchiti da disegni, e brevi testi in omaggio ad una tradizione surreale e visionaria a cui Savinio contribuì in modo determinante. CI sono degli “occhi” in cui lo scrittore compone versi di accompagnamento ai racconti, delle chiose molto libere, delle direzioni dello sguardo da suggerire al lettore, intervallando racconti. Del resto anche fisiologicamente l’occhio per Savinio, è l’organo principale della conoscenza e del rapporto con il reale. Permette la percezione ma anche lo stravolgimento, quell’ effetto di straniamento che ci fa rendere irriconoscibili anche gli oggetti più usuali spesso attraverso l’avvicinamento e l’allontanamento dei particolari.
In effetti, in questa mostra gli artisti rivisitano un tema comune, La casa, non solo in modo creativo ma anche come resa problematica di ciò che è familiare. La casa è protezione, separazione dal fuori, isolamento, simbolo della famiglia e della felicità domestica.
La mostra articola in quattro momenti i luoghi dell’abitare e del vivere. Ben Patterson, celebre artista Fluxus, ha realizzato un copriletto che è un inno alla coppia. Realizzato in stoffa blu e dipinto in modo abbastanza naif, la coppia in piedi con tanto di attestato di matrimonio solidamente impegnato dal marito, si erge in un ambiente floreale. Sembra una rivisitazione di Rousseau il Doganiere, un’opera insolita e felice nel lavoro di Patterson. Naturalmente c’è anche il letto, il talamo gestatore della famiglia, che reca le scritte Wife e Husband, che sottolineano l’unione ma anche i ruoli, i limiti e le funzioni domestiche.
Silvano Tessarollo dà una carica di temporalità rappresa nelle sue installazioni dedicate alle salle de bain. I colori cupi, la materia scabrosa del fiberglass, le incrostazioni di colore che marcano l’abbandono, caricano questi luoghi di forte esistenzialità. C’è sofferenza, attesa, ma anche probabilmente la ricerca di una sobrietà che annulla l’inutile e ponga di fronte alla nudità delle cose. Le opere di Tessarollo ampliano il disagio, non sono rassicuranti, le sue stanze da bagno sono reperti quasi bodies of evidence. Raccontano delle storie attraverso la materia e i coaguli, rinviano ad un immaginario che nel cinema porta il nome di David Lynch. Mettono insieme il banale con l’inquietudine, sono presenze che si giustificano da sole.
Ernesto Jannini ha spesso contaminato la natura con i chips elettronici, con l’hardware delle miriadi di macchine che ci aiutano e accompagnano nella vita e nel lavoro. La sua cucina però risulta antitecnologica, proprio perché la natura non è naturale ma è natura rappresentata. Senza freddezza e con la consueta ironia, Jannini compone un ambiente che è unheimlich per eccellenza anche se possiede in sé il germe per una lettura realistica del presente. Ma proprio il rigore e l’attenzione tecnica di Jannini danno anche l’illusione della perfezione, che tutto sia sotto controllo, che tutto abbia un ordine. Proprio nel tempio della casa dedicato al Dio Cibo, l’artista ci convince che la distanza dal naturale è ormai annullata da una tecnica a cui l’uomo ha affidato il proprio futuro. Che il mondo è questo e si avvicina sempre di più alla sua metafora tecnologica.
Un artista distante dai precedenti per storia ma molto incline al paradosso e alla patafisica come Baj, è presente con un lavoro del 1987 che rappresenta un gioco degli scacchi con le relative quanto immaginifiche pedine. Il suo lavoro è perfetto per un salotto, per una living room. L’artista morto nel 2003, da un lato vi è una chiara citazione di Duchamp, grande esperto di scacchi, dall’altra esalta la dimensione del gioco come allegoria universale. L’opera diventa esattamente il Gioco del Mondo, titolo tra l’altro di un libro di Julio Cortazar, uno spazio limitato in cui si configurano i poteri e i simboli che reggono le sorti della terra. Del resto la formazione dada surrealista dell’artista è sempre stata improntata ad una vena di critica sociale, di raffigurazione del teatro del mondo attraverso i ruoli e i poteri forti che si giocano le redini della terra. Questo lavoro in legno di Baj è un microcosmo, riflette specularmene l’idea della casa come struttura chiusa, come luogo concentrato di persone e funzioni sociali.
La mostra mettendo insieme artisti di differenti generazioni, vuole anche trasformare lo spazio della galleria in un ambiente domestico, rompere la distanza della galleria d’arte verso il pubblico per vedere e ragionare attorno ad uno dei temi fondamentali dell’esistenza.