DIES IRAE

ARTISTA: SILVANO TESSAROLLO
A CURA DI: LUIGI MENEGHELLI
CATALOGO: TESTI DI LUIGI MENEGHELLI ED ELENA FORIN
PERIODO: 6 OTTOBRE 2007 – 15 GENNAIO 2008

Quattro installazioni poste sotto il segno della spogliazione, della mutilazione, del disastro. Quattro giostrine (quelle “dei seggiolini volanti”) che sembrano nulla più che residui, braccia disarticolate, posticce reminiscenze formali. Ma il lavoro di Silvano Tessarollo non vuole dare atto di quella apocalisse continua che contraddistingue ormai tutte le cose che accadono nel mondo. Esso casomai mette in scena il regno dell’attesa, dell’immobilità, dove tutto è sul punto di finire, ma in realtà non finisce mai. L’eco di antiche suggestioni infantili, di giochi errabondi rimane intatto, solo che pare eternarsi nello spazio attraverso un’infinità di snodi, di pezzi accostati che danno l’impressione di resistere unicamente aggrappandosi gli uni agli altri. E’ come se Tessarollo, alla pari di Eliot, volesse puntellare con dei frammenti le rovine dei suoi sogni. E lo fa con perizia accurata, con devozione maniacale, sigillando ogni elemento con cera, pigmenti, fuochi purificatori. Egli non si piega alla disfatta: anzi fa proprio della disfatta il trionfo del suo linguaggio.

Se qualche anno fa l’artista praticava il mondo tenero, mostruoso, deliziosamente perfido dei fumetti o dei cartoons per plasmare “strane creature” che si portavano addosso le proiezioni ironiche della vita normale, ora la grazia sghemba delle “giostre” sorge come una traccia, il tracciato visibile di una vita che si sposta sempre più verso il grado zero dell’animazione. Il biblico Dies irae (che dà il titolo alla rassegna) evoca esattamente questo: l’interruzione di ogni gesto, lo spostamento del reale al limite del vuoto, “il verbo terribile” che annuncia la fine dei tempi e dei giri degli anni. Scrive Elena Forin in catalogo: “il vuoto sembra essere l’atmosfera di questi ambienti, un vuoto totalizzante e fortemente connotato, pieno di ferite, di drammi e lacerazioni”.

E aggiunge Luigi Meneghelli: “Una situazione estrema che spinge l’artista verso una concentrazione particolare, come chi debba inventarsi da un frammento esploso un nuovo senso del mondo”. Il che è quanto dire che Tessarollo cerca la rovina, sceglie di stare in essa, come per conoscerla meglio, capirla, provar a stare nella sua stessa vertigine.